Agnesina e la ” Pensione CONCHIGLIA”

La “CONCHIGLIA”, di Agnesina Iacono, una Pensione ristorante che conseguiva l’invidiabile primato di essere stata la prima casa ad ospitare, nel 1933,  turisti stranieri in avanscoperta a Sant’Angelo d’Ischia.

Dapprima la casetta della famiglia Iacono si trovava sotto la Torre, fra pochissime altre casupole di pescatori. Il proprietario, Francesco Iacono, padrone marittimo e armatore di velieri, aveva sposato una intraprendente donna di Campagnano, Emanuela Iovene, di buona famiglia borghese.

Agnesina ricorda che la mamma, appena si trasferì a Sant’Angelo agli inizi del Novecento, trovò abbastanza strane alcune abitudini dei santangiolesi, come ad esempio quella di cucinare i maccheroni di ziti, interi, senza spezzarli ! Inoltre a S. Angelo, la maggior par te della popolazione, non aveva conservato l’usanza -abbastanza diffusa nell’Isola d’Ischia- di confezionare i dolci in casa, nemmeno nelle ricorrenze fe. stive più importanti !

La signora Emanuela, insieme a qualche altra amica di buona estrazione sociale, iniziò   a introdurre diverse abitudini “cittadine”, fra cui quella di preparare panettoni e torte con la crema. L’iniziativa fece subito numerosi proseliti. In breve tempo le massaie cominciarono a spezzare gli ziti e a confezionare torte, con grande sorpresa dei rudi marinai santangiolesi, abituati a ben altre specialità gastronomiche !

 Nel 1933 capitarono a Sant’Angelo due pittori tedeschi, giunti nell’Isola d’Ischia perchè incuriositi da un resoconto scritto nel 1786 dal geologo inglese William Hamilton. Lo studioso, ambasciatore di Sua Mae­stà Britannica, presso il re di Napoli, aveva visitato Sant’Angelo ed osser. vato alcuni fenomeni endogeni, originati dal vulcanismo.

Harnilton scriveva :”…Il 15 agosto scorso andai con una feluca all’Isola d’Ischia. A circa sessanta jarde dalla costa, in un luogo chiamato Sant’Angelo, situato fra la città diIschia e di l'”orio,una colonna di acqua bollente gorgoglia sulla superficie del mare con grande forza e comunica il suo calore all’acqua del mare circostante. Gli abitanti delle vicinanze mi dissero che bolliva sempre allo stesso modo, d’inverno e d’estate; e che era loro di grande utilità nel piegare il fasciame per le costruzioni navali; e che i pesca tori spesso  facevano  anche uso di questo calderone naturale per bollirei  loro pesci. Vicino alla  spiaggia ho anche trovato la sabbia sotto i piedi  cosi’ cocente  da essere costretto a ritirarmi in tutta fretta…”.

I due pittori riferirono questa circostanza alla signora Emanuela, in· contrata presso la casa sotto la Torre, e le chiesero il permesso di salire sulla terrazza per scattare alcune foto del Borgo . Poi, invitati in casa, accettarono un buon bicchiere di Malvasia e della frutta fresca. Una parola tira l’altra, e gli artisti espressero il desiderio di trascorrere un periodo di riposo a S. Angelo, magari fittando una camera dalla signora Emanuela. Quest’ultima restò perplessa: era la prima volta che turisti stranieri mostravano interesse per un soggiorno a S. Angelo e inoltre, per fittare, occorreva  la Licenza .

Aspetteremo la vostra Licenza disse allora il pittore tedesco e cavò deciso dal portafogli quindicimila lire, prenotando così la stanza. In capo ad una settimana, i due stranieri arrivarono a S.Angelo in barchetta. Vi ritornarono per ben quarant’anni , puntualmente ad ogni estate, alloggiando prima sotto la Torre e poi alla Pensione “Con­ chiglia”, a Chiaia di Rose. Chi erano questi due personaggi tanto affezionati a Sant’Angelo da meritarne la cittadinanza onoraria? Si trattava di Ulrich Neujahr, grande pittore espressionista, e della moglie Carlotta.

Le gallerie d’arte, i musei e i collezionisti di tutto il mondo conservano le opere di Neujhr, fra cui non è infrequente trovare paesaggi di S. Angelo con l’immancabile Torre. Nella sala da pranzo della “Conchiglia”, fra le numerose tele esposte al pubblico, come una mostra permanente di pittura, c’è anche qualche quadro di Neujahr a perenne ricordo della sua permanenza a Sant’Angelo.

Sulle orme di questo pioniere del turismo, si mosse nel 1935 un aJtro grande pittore tedesco, che ha legato ilsuo nome alla storia del· l’Isola d’Ischia: Eduard Bargheer.  

Un giorno arrivò una lettera dalla Germania. Era indirizzata alla Signora Emanuela Iovene. La figlia Agnesina apri la lettera e lesse il no­me del mittente: Eduard Bargheer. Questa firma non le disse nulla; il pittore tedesco che doveva legare il suo nome alla storia artistica iso· lana, non era ancora conosciuto dalle nostre parti. D’altronde nemme­ no in Germania, nel corso degli anni ’40, Bargheer aveva ottenuto quel riconoscimento degli intellettuali e della critica, che gli verrà consacrato vent’anni dopo!

Agnesina faticò un pò a decifrare la fitta scrittura di Bargheer. In breve il pittore annunciava la sua venuta a S. Angelo insieme a un’amica, e chiedeva di prendere alloggio alla Conchiglia. Si era  in autunno, agli inizi di ottobre; l’Isola non era certamente quella di oggi. Il turismo di massa non si era ancora affacciato sui lidi santangiolesi; pochi visitatori stranieri “setacciavano” il versante meri­ dionale dell’Isola,  esplorando  gli impervi sentieri dell’Epomeo; scoprendo le caratteristiche case rupestri e le buche della neve sulla “Fa­langa”. Scendevano poi a valle, attraverso i valloni di Olmitello e di Cavascura, per sperimentare quelle miracolose acque termali, che sqor. gavano bollenti dalla roccia, come per un miracolo della Natura.

L’Isola era punteggiata di case coloniche, costruite con le pietre di tufo verde o con la trachite grigia; i tetti graziosamente sagomati a ve­ la o a botte biancheggiati di calcina e le finestrelle attintate con vernice verde. Intorno un fitto mantello di vegetazione, dove la vite e gli alberi da frutta trionfavano nell’opulenza dei vigneti. I nuovi arrivati avevano noleggiato una carrozzella a Ischia Porto, unico mezzo di trasporto per i rari turisti che si avventuravano sul versante alto dell’Isola, per raggiungere Testaccio, nel territorio di Barano.

Agnesina  che collaborava con la mamma nella conduzione della Pensione- mandò incontro agli ospiti la sorella Amelia, in compagnia di una ragazza un pò  abbunata, chiamata in gergo Francesca e  Giulia. Le donne avevano il compito di guidare i “signuri” attraverso il piccolo sentiero da capre che dai dirupi del Testaccia portava alla spiaggia dei Maronti. Dopo due buone ore di attesa, ecco apparire in lontananza la carrozzella con il cavallo infiocchettato e il vetturino a cassetta che faceva schioccare la frusta sulla testa dell’ansimante quadrupede. Sullo spiazzo del Testaccio, intanto, si era radunata una piccola folla di villici, incuriosita dal racconto di Amelia che, con compiaciuta esagerazione, aveva annunciato l’arrivo di non so quali ““ricconi  germanesi!

C’erano anche numerosi ragazzini, scalzi e male in arnese, che so· gnando improbabili mance erano ingrande fermento e si azzuffavano fra loro per conquistare la precedenza nel trasporto del bagaglio dei turisti in arrivo. E difatti, come la carrozza arrestò bruscamente lacor;sa,il nugolo di discoli si precipitò sulle valigie lucenti di Bargheer, incurante dei rimproveri del vetturino e degli urli dell’artista tedesco: ·Andate via, lasciate le valigie  gridava Bargheer in uno stentato italiano, visibilmen­te infastidito da tanta confusione.

Vennero in suo soccorso Amelia e Francesca; si presentarono alla bell’e meglio, dissero di essere state mandate dalla proprietaria della Conchiglia e non senza fatica recuperarono il bagaglio. Poi si avviarono svelte giù per ilsentiero, seguite da Bargheer e la sua amica. Ma ecco d’improvviso, come ad un segnale convenuto, i discoli ·Vi· stisi sfuggire un’occasione di guadagno- diedero di piglio alle pietre e iniziarono una fitta sassaiola in direzione della comitiva che si allontanava affannosamente lungo il pendio.

Bargheer, sotto quel micidiale grandinare, ebbe un lampo di intuizione: cavò fuori il borsellino e iniziò un lancio di monete verso !’or· da scatenata. Quello sospesero temporaneamente il  bombardamen to per azzuffarsi e raccogliere  le monete, ma poi, prendendoci gusto, ripresero la sassaiola e poco mancò che gli illustri ospiti fossero colpiti da qualche pietra.

La comitiva giunse trafelata sull’arenile dei Maronti. Qui c’era in attesa la barcea a remi di Domenico Barricelli per traghettare Bargheer al villaggio di pescatori.

Imbruniva. Gli ultimi bagliori del sole, appena velato da nuvole tra· sparenti, coloravano di un bel rosa vermiglio la Torre di S. Angelo che si specchiava in un mare leggermente increspato dal vento di mae· strale. Bargheer,superato i primi momenti di smarrimento e distupo· re per l’inattesa accoglienza, sembrava assorto e quasi rapito davanti allo scenario dei Maronti, mentre il 9ozzo fendeva deciso, sotto i po­ derosi colpi dei remi, le onde azzurrissime che s’inseguivano cozzan· do sui vicini scogli popolati di gabbiani. Lo stridio deqli uccelli si sentiva distinto nella calma della Baia, appena interrotto dallo sciabordare della barca che si confondeva ormai con le prime ombre della sera.

Giunsero a S. Angelo ch’era buio pesto. Agnesina aspettava sul molo con un lume a petrolio che rischiarava fiocamente l’approdo. Nel villaggio non c’era anima viva; soltanto alcuni pescatori, sulla vicina spiaqgetta, parlottavano fra loro mentre caricavano le reti sui gozzi, pronti per uscire a pesca.

Aqnesina salutò premurosa i suoi ospiti, e rischiarando con la debo· le fiammella del lume ilsentiero sabbioso, liquidò verso la casa sotto la Torre.

Bargheer osservava in silenzio quel luogo arcano, e un senso di profonda commozione invase tutto ilsuo essere. Rivolto all’ amica, furtivamente, le disse:  Ho finalmente trovato la mia terra promessa ! · Con queste presenze illustri, il nome di Sant’Angelo cominciava ad essere conosciuto  in Italia e all’estero. La famiglia Iacono, ebbe l’intuizione di capire che il turismo poteva costituire per Sant’Angelo una fonte di ricchezza e  di  benessere. Fu per iniziativa del capitano Francesco lacono e della moglie che verso gli anni ’50 sorgeva a Chiaia di Rose la Pensione “Conchiglia” : una casa senza pretese, ma con una bella veduta sul mare e l’ingresso proprio sulla via principale del paese . A piano terra c’era un qrosso  locale, senza intonaco e con il pavimento di cemento, che ospitò fra i primi turisti stranieri il pittore tedesco Werner Gilles e la compagna Geltrude Helmolts. Poi vennero i pittori Ernst Bursche, Hans Purmann, Franz Markgrax,  Serevich  Ehrenberg ed altri personaggi -per buona parte pittori ·a scoprire le prodigiose acque termali di Sant’Angelo e a trovare ispirazione per il loro lavoro.*

* Notizie del presente scritto sono tratte dal testo “il villaggio di Sant’Angelo” Gino Barbieri 1989