Ischia

Isola bella e antica, plasmata dai virtuosismi ecologici e dalla storia degli uomini, con i suoi borghi nati attorno alle marine, alle spiagge o in collina, fatti di  case basse e colorate o grandi palazzi patrizi, l’isola con la sua forte connotazione geografica, con la sua sognante atmosfera da favola mediterranea, non poteva non essere meta di spiriti sensibili a caccia di quiete ed ispirazione poetica.

Cenni geografici dell’isola d’Ischia

L’isola d’Ischia è ubicata nella parte nord-ovest del golfo di Napoli da cui dista 17 miglia, ad una latitudine di 40.73°N ed una longitudine di Campi Flegrei ed il Somma-Vesuvio, fa parte del gruppo di vulcani attividella Campania (Fig. 1.1). Ha una superficie di circa 46 Kmq ed è interamente formata da rocce vulcaniche createsi da diversi centri eruttivi che si sono successivamente susseguiti e sovrapposti nel corso di migliaia di anni. La cima più alta è rappresentata dal monte Epomeo (m 787), un cratere la cui ultima eruzione risale al 1302 d.C. L’isola d’Ischia è la maggiore delle Flegree. Con i suoi 70 043 abitanti è la terza più popolosa isola italiana, dopo Sicilia e Sardegna. In antichità era nota col nome Pithekoussai o Pithecusae (in greco Πιθηκοῦσσαι).

L’isola d’Ischia nel tempo

La nascita dell’isola d’Ischia – Sembra prevalere l’idea che l’isola, con la guida della scienza, della storia, delle tradizioni, dei miti e dei dotti antichi e moderni, sia sorta dal fondo del mare.

Formazione geologica dell’isola

In origine l’attuale isola d’Ischia doveva far parte della terraferma, costituita da sedimenti mesozoici e terziari. Nel quaternario la tettonica regionale causava una frantumazione in zolle separate da faglie e fratture profonde  lungo le quali il magma trachitico intercostale  poteva salire  dalle fessure eruttive. L’emersione dell’isola dal mare fu causata  dal risalire dei magmi acidi, attraverso la grande Faglia Tirrenica. (Le più importanti faglie sono la faglia tirrenica che va da Sant’Angelo al  Castello Aragonese  e la faglia che va da Perrone Casamicciola Terme verso Barano).

I primi visitatori

Sui primi visitatori nel testo D’Ascia, nel testo “Storia dell’Isola d’Ischia”, sostiene che “è vana lusinga il poter rintracciare, colla guida della storia, nell’inestrigabile laberinto delle più remote antichità, fra il tenebrio dei secoli ed i sogni della mitologia, quali siano stati i primi popoli che abbiano approdato all’isola d’Ischia”. I citati valenti scrittori riferirono essere stati i Fenici i primi visitatori della selvaggia Italia, i quali navigarono assai prima dei Greci lunghesso le spiagge del Mediterraneo, e scovrirono le coste di Pitecusa (Ischia) sotto il condottiere Enotre;

I Fenici visitarono le coste d’Italia dove trovarono gli Ausoni, Osci, Opici che successivamente furono chiamati Tirreni o Etruschi. Essi fondarono la  rinomata Confederazione Campana a cui appartenevano Capua e l’isola d’Ischia. Ma costoro furono costretti ad evacuarla per effetto di quelle eruzioni spaventevoli, e terribili, che in diverse epoche tanto e siffattamente la scossero e travagliarono. Assodatasi l’isola, dopo qualche tempo, divenne il covo di malfattori. Secondo un anonimo Oltremontano «I Tirreni furono i primi popoli che occuparono l’isola d’Ischia, tanto più che l’eruzione di Monte Corbaro era avvenuta molto tempo prima della venuta dei Tirreni»

Secondo S. De Caro e nel testo”I campi flegrei, Ischia, Vivara, Storia e Archeologiala presenza dei Fenici sull’isola è dimostrata dalle scoperte archeologiche avvenute nei contesti tombali della necropoli di San Montano. Alla ricerca dei metalli dell’Etruria e del Lazio, anche i Micenei sfruttarono gli approdi delle Isole Eolie e di quelle flegree lungo le rotte tirreniche. I Micenei, popolo della Grecia continentale,  raggiunsero l’isola d’Ischia. “Fin dall’età del bronzo l’area settentrionale del golfo di Napoli era una tappa importante della rotta che dalle coste dell’Egeo puntava verso l’Italia alla ricerca dei metalli”(5). Ancora il D’Ascia scrive “Circa 1684 anni avanti l’era volgare – gente selvaggia, rapace, fiera; capitanata da Candolo ed Atlante, scelse l’isola d’Ischia a ricovero e punto opportuno di ritirata, o di azione nelle nefandezze e rapine. Cotesti facinorosi eransi uniti ai pelasgi-enotri ed ausoni, superstiti all’universale cataclismo. Ricoverati in rozze e tenebrose spelonche, e nelle grotte e caverne formate dalle stesse eruzioni vulcaniche, presero il nome di Cimmeri e di Troclotidi.

Preistoria ischitana – Sulla preistoria ischitana il Monti nel testo “Ischia , archeologia e storia“, scrive sulla comparsa dell’uomo sull’isola. Essa avvenne nell’età della pietra levigata, quando le genti del Neolitico venivano con le barche,  forse a raccogliere l’argilla che lavoravano grezza, impura, a mano. La cultura della preistoria isolana, per quanto scarsamente rappresentata, è legata ad una civiltà marittima: solo attraverso la navigazione l’isola, esplosa in mezzo al mare, carica di vegetazione spontanea, selvaggia venne a contatto con i popoli italici e con le genti del mediterraneo.

L’archeologo G. Buchner nel 1940, scoprì un gruppo di tombe ai piedi del Monte Vico che facevano parte di una necropoli contenente un migliaio di sepolture risalenti al VIII e VII secolo. Calcidesi, Eritresi e i fenici furono i primi a occupare l’isola. Nell’ottavo secolo a.C. venne fondata, dagli Euboici, la colonia di Pitecusa che per Tito Livio fu il primo insediamento nella magna Grecia.  I Calcidesi, in primo momento, abitarono la parte occidentale dell’isola successivamente ci fu un nuovo insediamento verso Ischia Ponte dal nome di Aenaria. Siamo nel I secolo e le notizie sono scarse, probabilmente a causa di un bradisismo la città fu distrutta e sommersa. Recentemente, però, grazie alla soprintendenza per i beni archeologici di Napoli, un gruppo di sub e di archeologi sta riportando alla luce quella città ormai sommersa, scrivendo così una nuova pagina di storia. Nel V secolo Ischia subì l’occupazione dei cumani che, dopo aver sconfitto gli Etruschi, con l’appoggio dei Siracusani, cedettero Ischia a Gerone il tiranno di Siracusa. sull’isola nacque così una colonia siciliana e fu costruito il Castello Aragonese, considerato il primo nucleo di difesa. Verso l’ 82°a.C. Ischia passò dal controllo di Napoli a quello di Roma, ma presto, per un capriccio di Giulia, fu barattata con l’isola di Capri. Da allora Ischia subì la storia politica di Napoli, subendo numerose e violente incursioni germaniche per poi essere invasa dagli angioini e degli aragonesi. Molti ischitani persero la vita. Successivamente, Alfonso d’Aragona, rimasto affascinato dall’isola, volle donare il castello a Lucrezia D’Alagno come pegno d’amore. Ferdinando il Cattolico, come premio di guerra, donò l’intera isola a Costanza D’Avalos per averla difesa con forza contro i francesi.
Seguì un periodo di tranquillità durante il quale Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara, celebrò le sue nozze con la poetessa Vittoria Colonna. Ben presto però la pace fu interrotta, i nemici da cui difendersi erano ora i pirati.
Sull’isola vennero erette diverse torri, 16 solo a Forio chiamata da allora la città turrita. Era da queste torri che venivano avvistate le navi dei pirati; il suono delle campane annunciava il loro avvicinamento e consentiva agli isolani di mettersi al sicuro, chi sul castello, chi nei campanili delle Chiese, chi ancora sull’Epomeo.

Ischia Medioevale

Fin dai primi decenni dell’ottavo secolo tutto il Mediterraneo  venne investitito dalla travolgente invasione degli arabi. Essi si impadronirono del Nord africa e poi di tutta la penisola Iberica. La Francia riuscì a rimanere indenne dall’occupazione, ma non dalle scorrerie mussulmane. Di conseguenza gli arabi si impegnarono maggiormente nelle conquiste italiane con la Sicilia, la Sardegna e la Puglia. Caddero in mano arabe le isole di Lampedusa, Ponza ed Ischia. Di una presenza sull’isola di eserciti arabi ne parlano gli scrittori Vilhelm Bergòe (la pietra cantante) e Norman Douglas (Summar Islands – 1931).

Infatti, in “La storia di Ischia” di R. De Laurentis è scritto che nell’anno 845 i saraceni  devastarono Misenoed attaccarono Roma penetrando nella basilica di San pietro. Si creò allora una Lega  Campana con le flotte di Amalfi, Gaeta , Napoli e Sorrento che sconfisse i mussulmani. Anche nel 991 il Castello  protesse i suoi abitanti , mentre gravi danni ebbero le zone meno difese ed in particolare Forio. Negli ultimi secoli del primo millennio i mussulmani si impadronirono della Spagna, della Sicilia,  buona parte del mediterraneo, e anche le isole furono conquistate dalla potenza araba. Il ducato di Napoli, a fine millennio, era ancora sotto il potere bizantino ed Amalfi stava diventando la prima repubblica marinara d’Italia. Ottone I di Germania voleva inglobare la Campania nel sacro Romano Impero. Sergio V, duca di Napoli, figlio del duca Giovanni V, cui successe governò fino al 1090 circa. Egli fu poi costretto a far fronte a innumerevoli difficoltà dovute alle complesse vicende e portarono a cercare aiuto ai formidabili guerrieri normanni. Questo facilitò la formazione dello stato normanno.

Normanni e svevi – Il Castello

Provenienti dalla Danimarca e dalla scandinavia, con il nome di Vichinghi. Nel 910 si stbilirono in Francia nella regione che da loro prese il nome di Normandia. A partire dall’anno mille i normanni venivano in pellegrinaggio nel Gargano dove si venerava l’Arcangelo Michele ed iniziarono ad insediarvi in Italia. Nascono anche le prime contee normanne in Puglia e Campania. Ischia è però ancora amministrata dal conte Marino Mellusi.

Aragonesi e Angioini

Dopo che i successori di Federico II persero sia la corona di imperatori del Sacro romano Impero e quella dei re di Svevia. quest’ultimo regno fu conquistato dai francesi di Carlo d’Angiò. due anni dopo la battaglia di Benevento l’esercito angioino sconfisse Corradino, ultimo dscendente di Federico II che morì decapitato. Ischia si schiera con gli angioini ed insieme a Procida viene investita da navi pisani e da nobili napoletani che distruggono le barche isolane, catturano uomini e violentano cento vergini. Il porto, posto ai piedi del Castello, era il il punto di sosta per le navi militari e mercantili. Esso era anche un importante bacino di carenaggio e cantiere navale. I barconi ischitani collegavano l’sola con numerosi porti nel Tirreno, Adriatico ed Egeo. Intensi erano i rapporti con la capitale del Regno, Palermo, e i pescatori ischitani godevano di una tassazione agevolata per le vendite al mercato.

Le terme ischitane, ben note al medico personale di Carlo I d’Angiò, tornano ad essere famose. Stanchi delle vessazioni dei francesi, i siciliani si ribellarono ai dominatori angioini dando la caccia agli invasori. La Sicilia, e con altrerne vicende, anche Ischia, si staccò dal resto e Carlo I d’Angiò si rifugiò a Napoli, nuova capitale del regno di Napoli. della situazione si avvantaggiò il re Pietro d’Aragona che sposò Costanza di Sicilia, figlia di Manfredi di Svevia. Insieme a Palermo, Ischia diventò così aragonese e nemica della napoli angioina. Durante il periodo angioinola città di Napoli, divenuta capitale del Regno venne abbellita con la Chiesa di Santa Chiara, la Chiesa di San Domenico, Castel Sant’Elmo e il Maschio Angioino. A Ischia il nuovo governatore angioino, Cesare Sterlich rimase a Ischia sino alla morte ed il re Roberto d’Angiò venne a Ischia con la regina Sancia di Maiorca.

Dominazione angioina

La data con la quale tradizionalmente si fa iniziare la dominazione angioina del Regno di Napoli è il 1268 anche se, per quel riguarda Ischia, solo nel 1299 gli Angioini, con Carlo II, presero pienamente il potere: questo ritardo fu dovuto al fatto che gli isolani erano rimasti legati alla dinastia sveva, che aveva nel frattempo stretto contatti con quella aragonese: così all´indomani dei Vespri Siciliani, nel 1285 gli isolani non avevano esitato a chiedere l´appoggio degli Aragonesi, affrancandosi per diciassette anni dal dominio angioino. Quelli successivi al 1299 furono anni molto duri per l´isola: prima la rappresaglia angioina, poi la straordinaria eruzione del monte Epomeo del 1301, distrussero sia morfologicamente che economicamente vaste zone dell´isola costringendo molti abitanti a rifugiarsi sulla terraferma. Solo nel 1305 si assiste ad un ritorno nelle terre natie. Il 1301 è una data fondamentale per le sorti del Castello: da questo momento il baricentro della vita politica e religiosa ischitana si spostava sull´isola minore (il castello); significativo in tal senso è l´episodio del 1309 quando, appena salito al trono, il nuovo re Roberto d´Angiò decise di intraprendere un breve viaggio per rendere onore al vecchio castellano, Cesare Sterlich: ciò è indicativo di come i sovrani del tempo avessero attenzioni per questa parte del regno e come intendessero controllarla di persona. Il regno di Roberto e successivamente quello della nipote Giovanna, che si protrasse fino al 1382, portarono un po´ di tranquillità in tutti i settori della vita sia dell´isola maggiore che di quella minore; in particolare al Castello iniziarono a fiorire lussuosi edifici appartenenti alle famiglie nobili del tempo, che crebbero di numero andando a formare un´ aristocrazia molto dinamica e attenta anche alle problematiche economico-commerciali.

Ischia nel trecento

Il Regno di Napoli, staccatosi dalla Sicila, era saldamente in mano agli angioini e lo governarono sino alla prima metà del quattrocento. In tutto questo sconvolgimento l’isola d’Ischia era particolarmente contesa e per un certo tempo fu soggetta alla sovranità del re di Palermo e non quello di Napoli. Nel 1334, all’età di appena sette anni, Andrea d’Ungheria fu dato in sposo alla cugina Giovanna d’Angiò, nipote di Roberto d’Angiò. Attraverso questo matrimonio, il sovrano napoletano tentò di ristabilire un legame di continuità fra il proprio ramo dinastico, confluito nella persona della sua nipote ed erede Giovanna, e quello degli Angioini d’Ungheria, discendenti di suo fratello Carlo Martello d’Angiò, ai quali Roberto aveva sottratto il trono di Napoli. Nelle intenzioni di Roberto, Andrea, secondogenito di Carlo Roberto e dunque nipote di Carlo Martello, avrebbe acquisito il rango di re di Napoli per suo proprio diritto e non in qualità di consorte di Giovanna. Tali disposizioni, inserite esplicitamente nel suo testamento, sarebbero servite a mettere fine alle contese fra le due linee dinastiche della casa d’Angiò, restituendo ai discendenti di Carlo Martello la dignità di legittimi detentori del trono di Napoli. Andrea e Giovanna avevano caratteri completamente diversi e quasi incompatibili. La futura regina era cresciuta nello splendore e nella magnificenza della corte di Roberto, immersa nel clima culturalmente vivace e raffinato di cui il sovrano, grande mecenate, amava circondarsi. Andrea aveva invece un carattere molto più rozzo e incolto, essendo allevato secondo principi militareschi e di spregiudicata risolutezza. L’unione fra i due cugini fu infatti molto infelice, ma l’alto valore politico che essa sostanziava costrinse entrambi ad accettare e tollerare l’insofferenza verso l’altro marito di lei, Andrea, figlio del re d’Ungheria, fu indicato come erede al trono di Napoli.

Il 16 gennaio 1343 Roberto il Saggio morì e Giovanna fu chiamata alla successione. Ma all’atto di accedere alla propria eredità, la nuova regina si rifiutò di condividere col marito la sovranità sul regno: spalleggiata da una buona parte della nobiltà napoletana, Giovanna si oppose fermamente al rispetto delle volontà testamentarie del nonno, provocando l’intervento del papa Clemente VI, titolare della signoria feudale sul reame. Il pontefice dispose l’annullamento del testamento di Roberto e, convocata Giovanna a Roma, la incoronò unica sovrana di Napoli, concedendo al marito Andrea il solo titolo di duca di Calabria.

La mossa di Giovanna, avallata dal pontefice, irritò profondamente il principe Andrea, incapace tuttavia di pretendere il rispetto dei propri diritti ereditari e delle volontà del defunto Roberto. Il marito della regina era circondato dai nemici e qualsiasi sua reazione avrebbe potuto scatenare tragiche conseguenze. Temendo per la propria vita, Andrea scrisse alla madre Elisabetta di Polonia, esprimendole il desiderio di lasciare al più presto il reame napoletano. La vedova di Carlo Roberto decise di intervenire e si recò alla corte di Napoli mascherando la sua venuta dietro le parvenze di una visita di Stato. Prima di rientrare in Ungheria, Elisabetta pretese da papa Clemente VI il ritiro delle sue disposizioni e l’autorizzazione all’incoronazione di Andrea. Andrea fu indicato come erede al trono di Napoli e la moglie Giovanna si vendicò e fece assassinare il marito. Di conseguenza gli ingheresi invadono Napoli ma sono messi in fuga dalla “peste nera”. Il nipote di Giovanna, Carlo d’Angio Durazzo appartenente alla famiglia ungherese viene scelto come erede del trono di Napoli. Ischia diventa terreno di scontro d i scontro con Luigi d’Angio che con venti galee attaccò Napoli e vennero anche sull’isola che occuparono pacificamente perchè tutta la popolazione si era recata alla festa di santa Restituta ed il borgo era deserto. Quattro anni dopo una grande battaglia tra francesi e ungheresi avviene sul monte Rotaro. Gli storici ricordano la battaglia come un terribile macello. La vittoria arrise alle truppe di Ladislao, figlio del re di Napoli carlo d’Angiò Durazzo. Re Ladislao muore nel 1414 e lascia il trono alla sorella Giovanna II d’Angiò Durazzo.

La regina Giovanna II, la lussuriosa

La regina Giovanna II rimase famosa per la sua disinvoltura sessuale. Ebbe, tra i suoi amanti Pandolfello Piscopo e Sergianni Caracciolo. La regina Giovanna regna senza eredi ed insidiata dagli angioini francesi chiese aiuto al re Alfonso d’Aragona per un nuovo marito di rango, al quale promise il trono di Napoli nel 1420. Il re accorse immediatamente per conorare il suo regno ed ebbe a sua disposizione il Castel Nuovo. Nel 1423 il re Alfonso con diciotto galee saccheggiano Ischia. Attaccano il Castello e distruggono anche il ponte sotto il Castello. Durante l’attacco il re cade in mare sulla “Scala Fauza”, l’unica via di accesso alla fortezza. Sarà infatti poi proprio il re Alfonso a far scavare la galleria che permette ancora oggi di accedere alla sommità del Castello e che davquel momento diventa “Aragonese”. Nel 1432 re Alfonso d’Aragona viene a Ischia e concede ai vari borghi la proprietà di mezzo miglio di mare e di tutte le spiagge, il diritto di creare tonnare, l’esenzione da ogni imposte e vari altri privilegi che poi saranno confermati sino all’imperatore Carlo V. Il re Alfonso il magnanimo istituì una dogana a Ischia per il sale ed il pesce; tre quarti degli introiti dovevano servire per le riparazioni al Castello, alle torri, al molo ed al ponte, un quarto per le fortificazioni del castello.

Ischia contemporanea
II nuovo regime piemontese non apportò i miglioramenti sperati. Anche pescatori e contadini d’Ischia sperimentarono, sulla propria pelle, la volontà politica di una classe che aveva cambiato tutto perché nulla mutasse, come ebbe a scrivere Tomasi di Lampedusa. Il turismo fece la sua apparizione nel comune di Casamicciola: si trattò soprattutto di un turismo legato alle cure termali.

Nel 1881 e 1883 due spaventosi terremoti sconvolsero Casamicciola: ma la cittadina si riebbe presto. Alla stessa epoca risalgono le case vinicole Perrazzo (1880) e D’Ambra (1888) che iniziarono a sfruttare i vigneti per produrre vini bianchi e rossi che ancora oggi vengono esportati in tutto il mondo. Alfonso Perrazzo, inventore dell’omonima casa vinicola, fu anche sindaco ed insegnante dei coatti sul castello aragonese.
Nel 1889 giungeva ad Ischia il vescovo Giuseppe Candido, con fama di scienziato ed uomo di cultura. Egli edificò una nuova ala del seminario e stabilì che gli studi dei seminaristi dovessero essere conformi ai programmi governativi. Fino ad allora ad Ischia non esistevano scuole superiori. Chi aspirava ad accedere all’università era costretto a frequentare i licei di Napoli. L’intuizione del vescovo Candido contribuì a formare una classe dirigente colta e preparata, dal momento che anche chi non desiderava diventare prete aveva la possibilità di studiare senza spostarsi dall’isola.
Alla stessa epoca risale la figura del medico foriano Tommaso Cigliano che nel 1895 finalmente riusciva ad ottenere la prima cattedra di medicina omeopatica all’università di Napoli.

Al dott. Cigliano, nella sua qualità di consigliere provinciale, si deve la creazione di una linea di trasporto marittimo tra Torregaveta-Ischia. La corsa, purtroppo, venne soppressa dopo qualche anno. Fino ad allora gli incerti collegamenti con la terraferma erano assicurati da grosse barche a vela. All’inizio del secolo armatori procidani garantirono il servizio con il piroscafo “Tifeo” che possedeva due singolari ruote laterali. L’iniziativa venne ripresa con successo da armatori casamicciolesi. Dopo lotte e proteste nel 1911 ad Ischia per la prima volta veniva istituito un servizio di stato per trasporti marittimi. Ischia diventava, così, più vicina al continente; ma i vecchi mali rimanevano. Chi non aveva possibilità di lavorare il terreno o di affrontare il mare con una propria barca era costretto ad emigrare in terre lontane.

All’inizio del 1900 un considerevole numero di giovani emigrò negli USA ed Argentina; New York, San Pedro in California e Buenos Aires: ancora oggi in dette città vi sono folte comunità di emigranti ischitani.
Con lo scoppio della I guerra mondiale, anche Ischia fu costretta a pagare il tributo alla patria con la morte di tanti giovani figli. Il seminario venne requisito per diventare quartiere militare.

Durante il fascismo, si costruirono nuove e belle strade. Nel 1926, alla presenza di Mussolini, venne inaugurata la strada nuova che tuttora collega Ischia con Lacco Ameno. Per l’occasione venne ristrutturato il giardino della Pagoda sul porto, ed edificati due belvederi tra Ischia e Casamicciola, dai quali si può tuttora ammirare un suggestivo panorama.
Nel 1937 giungeva sull’isola il foriano cardinale Lavitrano come legato a latere di papa Pio XI, per la seconda incoronazione dell’effige di Santa Maria di Loreto venerata nell’omonima chiesa di Forio. La cronaca sottolinea la grossa commozione popolare per la solennità della cerimonia. Nel corso della funzione religosa il cardinale era circondato da ben dieci vescovi. Nel 1938, sotta la spinta dei podestà locali, i sei comuni isolani vennero accorpati in un solo comune.

La II guerra mondiale interessò Ischia solo marginalmente; pur tuttavia le conseguenze si ripercossero anche sugli abitanti. Molti furono i dispersi ischitani nella campagna contro la Russia.

Il 4 luglio 1944 veniva sciolto il comune unico e ripristinato l’antico assetto dei sei comuni indipendenti.

Il dopoguerra è stato caratterizzato dall’avvento del turismo. Per alcuni anni ci fu una crescita lenta e controllata; ma verso la fine degli anni ’50, il turismo divenne un fenomeno di massa ed Ischia, non del tutto matura, si trovò impreparata. Gli ischitani, difatti, invece di controllare le nuove risorse eco-nomiche che il turismo offriva, pensarono solo a sfruttare acriticamente il territorio, con le conseguenze che sono ora sotto gli occhi di tutti. Si puntò al guadagno facile e ad una speculazione non sempre giustificata. Nel 1948 venne deliberato la posa del cavo elettrico sottomarino per fornire energia direttamente dal continente. Nello stesso anno l’isola d’Ischia venne gratificata dall’istituzione del liceo-ginnasio autonomo. Negli anni sessanta, anche grazie agli industriali Rizzoli e Marzotto, Ischia divenne centro internazionale di turismo. Qualche anno prima, e precisamente il 9 novembre 1958, veniva inaugurata la condotta idrica sottomarina che portava l’acqua dalla sorgente del Serino ad Ischia. Prima di allora si affrontava il problema idrico con l’utilizzo di sorgenti locali, lo sfruttamento delle cisterne ed il rifornimento di navi-cisterna.

Altre informazioni interessanti sulle origini dell’isola d’Ischia su: www.archeoFlegrei.it/le origini di Ischia

L’antica tradizione degli hotel terme di Ischia

Gli hotel terme dell’isola di Ischia hanno una storia antichissima, cominciano a fiorire già nel XVIII secolo, quando attorno alle fonti termali di Casamicciola e di Forio sorsero delle piccole dimore che ospitavano soprattutto gli stranieri del Grand Tour europeo. Ad Ischia gli hotel cominciano con l’età dei lumi, ma gli stabilimenti termali sono molto più antichi se si pensa che le terme di Nitrodi erano note ai romani così come quelle di Cavascura. Sull’isola di Ischia il connubio hotel e terme non fu solo a fini economici e turistici: agli inizi del 1600 infatti un gruppo di nobili napoletani realizzò a Casamicciola il “Pio Monte della Misericordia” per dare ai poveri la possibilità di curarsi alle terme. Le terme che erano un paradiso per ricchi si aprirono così anche ai più sfortunati.

Le terme di Ischia erano note già nel milecinquecento se il medico Julio Iasolino dedicò alle fonti termali dell’isola un libro, e come Iasolino tanti altri ricercatori studiarono le acque della salute di Ischia. Attorno a queste acque fu tutto un fiorire di hotel ad Ischia: i primi hotel sorsero a Casamicciola e Forio, ma poi anche Ischia e Lacco Ameno, ebbero i loro alberghi a conduzione familiare

L’isola di Ischia nell’Ottocento era una meta esclusiva. Questi hotel terme di Ischia attirarono molti personaggi famosi: Giuseppe GaribaldiCamillo Benso Conte di CavourArturo ToscaniniIbsenPasoliniVisconti. Negli anni ’60 i piccoli hotel di Ischia a conduzione familiare fanno un salto di qualità si trasformano in grandi alberghi capaci di ospitare una clientela internazionale e vip del cinema.

Terme e hotel di Ischia si aprono al turismo dei grandi numeri, grazie al contributo finanziario ed imprenditoriale di Angelo Rizzoli. Anche le terme di Ischia vengono lanciate in questo periodo in una nuova dimensione: fautore del cambiamento il dottore Malcovati, un dottore milanese specializzato in medicina termale.

Malcovati era il medico di fiducia di Rizzoli così quando chiede all’imprenditore un finanziamento per le terme di Lacco Ameno, non si vede negata la sua richiesta. Nascono le grandi terme di Lacco Ameno della Regina Isabella e con lo stesso nome uno degli hotel di ischia più importanti dell’isola, destinato a ospitare nella sue lussuose stanze: Liz TaylorRichard BurtonCharlie Chaplin Sofia Loren.

Re Ludwig di Baviera e Mendelssohn a Lacco Ameno

L’isola di Ischia è stata da sempre meta di vacanza. In passato vi si recavano nobili e uomini famosi, artisti e intellettuali di tutta Europa. Molto spesso erano ospiti in ville di Ischia di proprietà privata, oppure trovavano alloggio in caratteristici alberghi isolani che della villa extraurbana conservavano l’aspetto e la quiete. Immersi in straordinari giardini in fiore e aperti davanti a panorami marini questi alberghi – villa erano sparsi un po’ dovunque sul territorio isolano. Alcuni rimangono ancora oggi, di altri invece ne abbiamo soltanto un ricordo. E’ questo il caso della Villa alla Pannella di Lacco Ameno

Fra le dimore residenziali di Lacco Ameno – uno dei sei comuni dell’isola di Ischia – della fine del 1700 e del primo cinquantennio del 1800 (Palazzo San Montano, Villa Arbusto del duca d’Atri, Palazzo Manzi…), l’albergo del canonicoe cavaliere dell’Ordine di San Michele di Baviera, D. Tommaso De Siano, situato in contrada Pannella, accolse «ospiti di riguardo, principi reali, la nobiltà napoletana e romana, eminenze e famiglie straniere» di alto rango e non pochi lasciarono nei diari pubblicati le loro im¬pressioni sulla contrada, sull’accoglienza, sulla buona tavola ed il buon vino nonché sul proprietario.
Nessuna notizia ci è giunta sull’albergo della Pannella, dopo la morte di Don Tommaso. D’Ascia nella sua Storia di Ischia, pubblicata nel 1868, ne parla al passato.

Dopo la sua morte, la villa fu sicuramente divisa fra alcuni coeredi; una parte, a quanto sembra, continuò a funzionare come locanda con un nuovo proprietario e il 28 luglio del 1883 il tutto fu distrutto dal terremoto.

La contessa Elisa von der Recke descrive la posizione dell’albergo dove alloggiò nel 1805, in questi termini: «[…] siamo sbarcati nella baia d’un borgo chiamato Lacco […] A dorso d’asini, pronti per noi, ci siamo recati al nostro alloggio. Il sentiero è molto stretto e gira con tornanti bruschi tra muri di giardini completamente coperti di aloe frammisti a cespugli di rose rosse e bianche, coronati di melograni, piantati nei giardini dall’altro lato dei muri, che spandono fiori d’un rosso aranciato e di cui si scorgono solo le cime fiorite come tante ghirlande. La nostra casa è situata su una notevole altura dal lato ovest, piuttosto isolata, nella piccola contrada chiamata Panello, che consiste in tre case e una cappella, tutto proprietà del nostro ospite, il sacerdote don Tommaso. La struttura delle case, con i loro tetti a terrazza, somiglia a quelle delle case dissotterrate a Pompei. Le nostre camere sono piccole, ma molto pulite e ben ordinate; la vista da ogni lato è d’una ricchezza inesprimibile».

Conrad Haller, che vi soggiornò varie volte, fra il 1809 e il 1821, precisa:

«La Pannella è una collina che domina tutte le altre e dà il suo nome a un gruppo di belle case, fra le quali si distingue quella del sacerdote secolare Tommaso de Siano. È una casa accogliente per ricevere comodamente i viaggiatori che vengono a Ischia per qualche giorno. Si trovano da don Tommaso buoni letti, una tavola ben fornita, parecchi tipi di vino squisito e dei migliori vigneti dell’isola, dove, quindi, si può dare soddisfazione non solo ai principali bisogni della vita, ma anche a un certo lusso, sempre in rapporto ai mezzi che un simile posto isolato può offrire».

Heinrich Fahrmbacher, segretario di gabinetto, che accompagnò il re Ludwig I sull’isola di Ischia, a Lacco, nel 1829, ne descrive «le scale con i vasi di fiori, che portavano al cortile aperto del primo piano, il grande cactus e l’arancio, i cui germogli e frutti giungevano fino alla sua finestra. A piano terra c’erano cantine famose per i vini che contenevano; la cucina, nel cui centro su uno zoccolo di pietra sotto un grande paiolo ardeva il fuoco e, presso le pareti, stavano i fornelli».

Lui e il medico abitavano in una ex torre di Saraceni (che chiamavano il Salone dei Saraceni o anche la Villa Allegra) tutta per loro, che si raggiungeva con una scala di collegamento situata nel cortile del primo piano. Essa limitava il piccolo cortile ed era stata costruita su uno dei molti blocchi di tufo precipitati dalla cima del monte. Nel mezzo del cortile c’era una grande cisterna. Ma una cisterna più piccola era stata scavata nella roccia, come spesso avveniva, dove colava l’acqua piovana.

Descrizione che trova conferma in una lettera del 1831 di Felix Mendelssohn alla sorella Fanny:

«Alle nove e trenta, arrivammo alla piccola città di Ischia dove il solo albergo era tutto occupato, così decidemmo di recarci fino da Don Tommaso, due ore di strada, che percorremmo in un’ora e un quarto. Faceva un fresco meraviglioso; tra le viti, gli alberi di fico e i cespugli, si posano innumerevoli lucciole che si lasciano prendere; e quando, finalmente, piuttosto stanchi, giungemmo da don Tommaso, trovammo tutti ancora svegli, le camere pulite, frutta fresca, un affabile diacono come cantiniere e fino a mezzanotte restammo seduti comodamente davanti a una carrettata di ciliege. […] Davanti alla porta c’è un enorme ombroso albero d’aranci con molti frutti maturi, sotto i cui rami una scala conduce agli alloggi. Sopra ciascuno dei bianchi scalini di pietra è collocato un gran vaso di fiori e il vestibolo superiore si compone di un largo portico aperto, da dove attraverso un’arcata si può vedere fuori tutto il cortile con l’albero d’aranci, la scala, i tetti di paglia, le botti di vino e i boccali, gli asini e i pavoni. Quello che si vede davanti non è meno bello; sotto l’arco in muratura c’è un albero di fichi d’India, così lussureggiante, che lo si deve legare stretto al muro con delle funi. Lo sfondo poi è formato dai vigneti pieni di ville, e dalle alture dell’Epomeo […] ».

Per quanto concerne «l’albero di fichi d’India», di cui parla Mendelssohn, crediamo che sia quello piantato, inavvertitamente, nel 1805 dalla contessa Elisa von der Recke, la quale così scrive nel suo diario: «Ho visto un fico d’India dal tronco immenso con un diametro di almeno un braccio e mezzo con foglie lunghe un braccio. Questa pianta racchiude una tale potenza di vegetazione che un pezzettino d’una foglia, gettato a caso a terra, vi si abbarbica e spuntano nuove foglie. Avevo messo quasi inavvertitamente una di queste foglie in un vaso da fiori e, l’anno dopo, uno dei miei amici che viaggiava in Italia venne ad Ischia e il nostro ospite gli mostrò una pianta già grande e vigorosa sbocciata da quella foglia». La contessa De la Recke parla di una piccola contrada «che consiste in tre case e una cappella, tutto proprietà del nostro ospite, il sacerdote don Tommaso»; Haller, invece, parla «d’un gruppo di belle case». La contrada, in realtà, comportava un buon numero di case, per lo più con pianterreno e primo piano, ed era abitata, nel 1798, da 300 persone, secondo il par¬roco D. Rinaldo Monti, da oltre 100 secondo una relazione dello stesso anno del vicario generale della Curia Vescovile, D. Matteo Madonna. La contrada era di difficile accesso, come ben dimostra la descrizione della contessa von der Recke, e le piogge rendevano la strada spesse volte inagibile e pericolosa.

Fonti Bibliografiche:

G. D’Ascia, Storia dell’isola d’Ischia,  Napoli 1867; P. Monti, Ischia, Archeologia e Storia, Napoli 1979; V. Anonimo Oltramontano quadro topograf. Stor. dell’isola d’Ischia; – Ziccardi Annotat 4a ediz. de Rivaz. sulle acque d’Ischia  nota 1. pag. 143); – G. Matarese ,Ischra, Graus Editore – S. De Caro, I campi flegrei, Ischia, Vivara,Storia e Archeologia; – Strabone nel Lib.V. edizione di Amsterdam dell’anno 1707; – G. Farella “Conformazione territoriale e strutture insediative nell’isola d’Ischia”; – R. de Laurentis ” la storia di Ischia” ed. Doppiavoce Napoli 2021; – R. de Laurentis “Storia di Ischia nei suoi periodi di massimo splendore“, Napoli 2016, Istituto Studi filosofici; – Giorgio Buchner, Enciclopedia dell’Arte Antica , Treccani, 1961. Edizione “La Rassegna d’Ischia”, n° 3/2016.