Personaggi del primo ‘900 sull’isola d’Ischia

Evgenij Gustavovič Berman

Il suo primo viaggio in Italia risale al 1922: con il fratello e con Bérard si reca a Vicenza (città per Berman di significato particolare considerata la sua passione per Palladio, trasmessagli ancora a Pietroburgo da Gruzenberg), quindi a Verona, Padova, Venezia, Ferrara, Mantova e Roma. Nel 1923 è in Toscana. Nel 1924 in Sicilia e a Napoli, Roma e Tivoli, dove trascorre le sue giornate a Villa Adriana. Nel 1925 passa l’estate a Ischia, dove incontra i connazionali Grigorij Šiltjan e Pavel Muratov, nonché Alberto Spaini e il pittore tedesco Hans Purrmann. Lo stesso anno realizza la serie di pitture Memorie d’Italia, una delle tappe fondamentali del suo percorso verso il “Neoromanticismo”.

In questo periodo buio, tra i pochi coraggiosi che, incuranti del pericolo di nuovi terremoti ed estremamente bisognosi di trovar rimedio ai propri acciacchi, non rinunciarono alle cure termali, giunse ad Ischia, precisamente nel 1905, Emil Nolde (Nolde 1867 – Seebull 1956). Il grande espressionista tedesco venne soprattutto ad accompagnare la moglie Ada, sofferente di gravi malanni articolari e polmonari. La loro permanenza non fu molto lieta, sia per la relativa inefficacia delle cure, sia per la nostalgia materna della moglie, sia, infine, perché pare che l’isola non ispirasse molto l’artista. E’ probabile che Nolde abbia frequentato il poeta e scultore Maltese, che nell’isola di allora era considerato uno dei pochi personaggi di rilievo e la cui casa era divenuta un luogo di ritrovo per intellettuali d’ogni genere. Quali testimonianze della venuta ad Ischia di Nolde non restano che alcune incisioni su legno ed i disegni del suo diario illustrato, tra cui uno raffigurante la chiesa foriana del Soccorso,. Le xilografie, per altro di notevole fattura, raffigurano, due, i coniugi Castaldi, che probabilmente ospitarono i Nolde nelle loro terme, e un’altra il Castello Aragonese che, curiosamente, anche in tale occasione è visto come un luogo lugubre.

Nell’opera “l’isola dei morti“, il castello Aragonese è posto in secondo piano rispetto ad una bambina che sembra un personaggio di Goja e che stringe in una mano, quasi strozzandola, una bambola. Al di sopra di esso si vedono volare inquietanti figure. Tale aspetto drammatico del castello, oltre al “Toteninsel” di Böcklin, evoca pure la rappresentazione cimiteriale d’un Castello Aragonese movimentato dal volo di lugubri uccelli di Eduard Bargheer, un altro pittore tedesco che sarebbe giunto ad Ischia negli anni ‘30. Successivamente anche Werner Gilles a Sant’Angelo. Nel periodo seguente il soggiorno di Nolde, Ischia fu esclusa dal novero delle mete ambite dai turisti, non solo a causa della crisi che seguì il terremoto del 1883, ma anche perché nel 1910, come se non fosse bastato, una violenta alluvione distrusse gran parte del territorio di Casamicciola.

Hans Purrmann

Nel 1921 venne ad Ischia Hans Purrmann (Speyel 1880 – Basilea 1966). Inizialmente il pittore trovò alloggio a Casamicciola, ma il clima freddo e umido del comune pedemontano lo indusse a trasferirsi ad Ischia, ove conobbe il pittore-barbiere Luigi De Angelis (Roma 1883 – Ischia 1966). Purrmann, passeggiando lungo il porto d’Ischia, vide una bottega di barbiere ove, con l’intento di farsi sfoltire un p0’ la barba, entrò. Qui incontrò De Angelis: figaro, pittore e suonatore di mandolino alle feste di nozze. Vagando con lo sguardo mentre era seduto a sbarbarsi, Purrmann vide un dipinto su carta fissato al muro con del sapone da barba e, incredulo che fosse un’opera dello stesso barbiere che lo stava servendo, volle subito acquistarlo. Nacque così fra i due artisti una grande amicizia e Luigi aiutò l’amico tedesco a trovare il primo alloggio ad Ischia Porto, presso villa “Laganà”, oggi non più esistente.

Dopo l’ultima guerra, per molti anni Purrmann abitò presso la locanda Macrì, dipingendo, in tale periodo, molte vedute isolane e, in particolare, del porto. Così De Angelis descrisse nel suo diario l’incontro con Purrmann: «Dopo circa tre mesi che dipingevo, capitò, a farsi sfumare la barba, un signore che iniziò a contemplare un mio dipinto rappresentante il Castello d’Ischia, con barche e figure, attaccato alla parete sopra lo specchio di fronte alla poltrona su cui era seduto. Dopo che ebbi finito di servirlo, mentre saldava il conto, costui mi chiese: ‘Chi fare questi quadri?’.Subito risposi: ‘Li faccio io’. ‘No possibile, lei barbiere, no pittore!’. Replicò altrettanto prontamente, stentando a credermi, sebbene quanto gli avevo detto fosse stato confermato da vari clienti. Alla fine, convintosi, mi chiese se volevo vendere il quadro in questione e come volevo esser pagato. Quest’ultima domanda mi imbarazzò e, non sapendo come regolarmi, mi rivolsi al mio caro amico, cliente ed estimatore, il pescatore Domenico Di Meglio, che, avendo assistito a tutta la scena, mi suggerì di chiedergli 200 lire. Il cliente restò gioiosamente meravigliato della modicità del prezzo, mise mano al portafoglio, mi pagò, ritirò il quadro e, ringraziandomi affettuosamente, mi disse: ‘Io sono il pittore Purrmann, di Germania».

In quel periodo Hans Purrmann era molto famoso perché aveva vissuto a lungo a Parigi (dal 1904 al 1914), nella città che allora poteva essere considerata una grande officina di più o meno importanti e talvolta rivoluzionari mutamenti culturali, ove con Levy e Moll aveva fondato la celebre “Scuola di Parigi”. Il pittore fece conoscere De Angelis in Francia e in Germania. La naïveté era molto in voga nel primo novecento, soprattutto perché aveva notevolmente influenzato il Cubismo di Picasso e il Fauvismo di Matisse. A Parigi Purrmann parlò d’uno straordinario pittore naïf conosciuto ad Ischia ai fratelli Eugène e Leonide Barman, profughi russi, pittori e galleristi tra i più in voga del momento. I Barman, fiduciosi della competenza di Purrmann, tosto partirono per Ischia con lo scopo di conoscere De Angelis e, restati anche loro entusiasti della sua pittura, senza indugi gli organizzarono una grande mostra presso la “Galerie Pierre”, di loro proprietà. Estremamente significativo è il fatto che, nella stessa galleria, la mostra immediatamente precedente quella di De Angelis fosse stata dedicata a Kandinskj.

Il successo del “Barbiere” fu tanto clamoroso che il poeta André Salmon, teorico del Cubismo, dedicò a De Angelis un lusinghiero articolo sulla rivista letteraria “L’intransigeant”, in cui sosteneva che la naïveté del pittore d’Ischia era più autentica di quella del “Doganiere” Rousseau, ispirata da quadri esposti al Louvre: «De Angelis n’a jamais passé par aucune académie, et son art est plein de naïveté. Ce n’est pas celui de Rousseau. Notons de passage que cette fameuse naïveté ne fut jamais ce que nous admirâmes dans Rousseau, quand, au contraire, nous étions souvent subjugués par la volonté de ce simple reusissant, par des efforces medités à se hausser aux plus fiers sommets de l’art savant; par l’étonnante intelligence plastique de cet ignorant trouvant tout seul, au Louvre, le seul maître dont il eut besoin, pour, en outre nous, le faire mieux comprendre : Paolo Uccello». Purmann, sebbene fosse stato influenzato dalla scuola di Matisse, di cui era stato anche allievo, espresse una personalità cromatica e, soprattutto, grafica tale da essere stimato come uno tra i maggiori espressionisti del suo tempo e da scandalizzare i fautori della canonicità pittorica vigente quali ad esempio molti pittori di scuola napoletana che, al cospetto dei suoi paesaggi ischitani, restavano a dir poco perplessi.

Il fenomeno De Angelis non fu una meteora e la sua qualità artistica gli valse l’invito a partecipare più volte alla Biennale di Venezia ed alla Quadriennale di Roma, nonchè l’interessamento di illustri letterati quali, ad esempio, Pier Paolo Pasolini che così scrisse di lui: «…davanti alle sue figure, che spesso non sono che una goccia lucente di biacca schiacciata miseramente con il pennello contro un fondo appena macchiato di grigio, parleremmo quasi di una “povera metafisica”. Si veda ad esempio un quadro rappresentante una festa paesana che sparge la sua esigua folla intorno ad un gran carro addobbato di fiori; ebbene, qui il mezzo pittorico è dei più miseri, l’atmosfera nasce quasi dalla “trascuranza” del pittore, dalla confusa e povera scelta dei colori. E quei fiori, poi, mucchietti di pasta vivace appiccicati in rilievo alla piattezza grigia e quasi acquerellata della tela, creano un’atmosfera tristissima e non terrena, simile a quella ottenuta appunto nella pittura metafisica di un De Chirico, ad esempio, che, con altri mezzi, analogamente non propriamente pittorici, (ma ciò non vuol dire, talvolta, non poetici) ricercava un “effetto” poetico». Anche Raffaello Causa, studioso d’arte antica, non trascurò di recensire De Angelis: «La vitalità formale dei quadri migliori di De Angelis è proprio nel drammatico enuclearsi di un linguaggio che, per forza interna e senza alcun ausilio contingente, tende a farsi formalmente compiuto in pienezza d’espressione. “trovare” la pittura.

Creare dal nulla una grammatica ed una sintassi, per modeste ed elementari che siano, sempre rigorose ed espressive. Dipingere come parlare, ma un parlare ispirato, convincente, serio, con argomentazioni limitate, ma ineccepibilmente concrete». Incuriositi dall’interesse di Purrmann, molti intellettuali furono attirati in questa piccola isola mediterranea, fonte ispiratrice di animi sensibili ed intelletti raffinati. Lo scrittore Norman Douglas, che nel suo “Summer islands” descrisse le bellezze e i costumi d’Ischia, vi soggiornò per molti mesi e Paul Buchner, eminente biologo, vi si stabilì definitivamente, continuando quì quei suoi studi di microbiologia che lo resero famoso nel mondo scientifico e, tra l’altro, contribuendo alla riscoperta ed alla diffusione dell’opera di Giulio Iasolino, il protomedico che, a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo, scoprì le portentose proprietà terapeutiche delle acque termo-minerali abbondantemente presenti nel sottosuolo isolano. *

Informazioni tratte da scritti di Massimo Ielasi, pubblicate su “la Rassegna d’Ischia”