Il maestro Mimì

“Il maestro d’Ischia”

(Scritto da Giovanni Ansaldo e pubblicato sulla rivista “il Borghese”, V, 2 luglio 1954, pp.668-670)

Lo  scrittore  Giovanni  Ansaldo  ha  pubblicato  un  ritratto così vivo  ed umano  di un  nostro collega  di Ischia, esaltando  in lui l’oscuro e diuturno  apostolato che è la  nostra ragione di vita, che non possiamo fare a meno di riprodurlo sulle nostre colonne, certi di fare cosa grata ai nostri lettori.

Sant’Angelo è un paesetto situato sulla costa meridionale dell’isola; una specie di Positano, più piccolo, e non ancora guastato. Conterà una  quarantina di case, abitate per lo più  da  contadini (olivo  e vigna)  con  qualche  decina  di  pescatori. La sua singolarità di maggiore rilievo e che, di fronte a esso e congiunto a esse da una sottilissima  lingua di terra, si leva il Monte, detto appunto Sant’Angelo; un piccolo promontorio, coronato da viti, una penisoletta  tutta  minuscola  e casalinga, che da varietà e frastagliatura di contorni alla marina. gia di per se amenissima. Fino a ieri, il paesetto non era raggiunto dalla carrozzabile; a un cerlo punto della strada che scende giu da Serrana Fontana, ii capoluogo del comune, bisognava lasciare la macchina, Il farsi l’ultimo tratto di discesa a piedi, tra splendide rocce trachitiche. Questo ha contenuto flnora l’afflusso dei visitatori estivi entro una certa misura, e a un certo livello; perche il mondo oggi, è così fatto, che i cretini più temibili  arrivano sempre in auto. Una trattoria,  condotta  da  una  signora  tedesca  sposata a un ischitano, vi ha attirato da anni parecchi turisti d’oltralpe (1). Ma  l’infezione estiva  non è  finora molto progredita. E d’inverno poi, Sant’Angelo appare ancora in tutto il suo intatto splendore.

Il giorno dello scorso dicembre, in cui verso le dodici, vi scendemmo noi, fummo  subito  stupiti  di  sentire,  da  una  casa  stretta tra le altre, presso alla marina, un coro di voci che cantava  o Trieste, o Trieste del mio  cuore -. ti verremo, ti verremo a liberar. Il fatto che in quell’ora, che è, anche a Sant’Angelo, l’ora della colazione, ci fosse laggiù, in quello scampolo di terra ischitana, chi pensava a liberare Trieste, ci parve strano. Ne chiedemmo la spie­gazione ad una donna.

“ E’ don Mimì che a quest’ora fa pregare sempre accussì ‘e guagliune “. Il tono con cui la donna pronunciò il nome di don Mimì ci fece subito persuasi  che don Mimì  era il personaggio più  importante  di Sant’Angelo:  tanto  importante  che perflno  le canzoni  patriottiche  fatte  cantare  da  lui  diventavano preghiere.

E quanto fosse, davvero, come avevamo pensato, lo vedemmo di Ii a poco; quando don  Mimi  dette  il  via  ai ragazzi,  e uscì  dalla  scuola sulla piazzetta  e venne  con  noi a passeggiare  sulla lingua  di terra che lega Sant’Angelo al suo monte. Tutti lo salutavano in un modo farniliare,  con una  venatura  di  rispetto  che in Italia è rarissima.  Da giovani, nel ’18, vedemmo salutare. cosi, in molti paesetti detla campagna francese, Monsieur l’iristituteur, personaggio ancora di prima grandezza nella Francia di allora. Don Miml, cioe il signor 1Domenico  Iacono, era salutato allo stesso modo. Gli  parlammo  dela  canzone  che avevamo sentito cantare  dalla sua scolaresca. E dell’elfetto  che aveva  prodotto  in  noi, abituati ad impaginare  tutte  le sere le ridicole dichiarazioni  su  Trieste  dei diplomatici di tutti i paesi. Egli si strinse nelle spalie, e ci replicò:  Signore, per Trieste andrà come andrà; ma ai ragazzi italiani bisogna pure insegnargli che, comunque vada, noi sapremo liberarla. “Se no, mi sa dire lei  che cosa gli si insegna ? “. L’affermazione contenuta nella sua domanda, ci fece capire che don Mimi e un maestro elementare  per  cui  la  pedagogia  non ha phi segreti. La nostra amicizia fu cosi sigillala. E nel resto della giornata passata  a  Sant’Angelo  sapemmo  tutto di lui. II signor   Domenico  Iacono è un  uomo  sui  cinquant’anni, alto, forte, adusto di viso, che porla abitualmente, nei giorni feriali, per economia, un giubbetto all’americana e i sandali. Egli è nato a Sant’Angelo, di famiglia civile, e abita, cosa grande, nella stessa casa dov’è nato, soprastante alla scuola dove insegna, e che e di sua proprieà. Oltre  alla casa possiede alcune ”terrazze“ vignate. di fronte,  sul  Monte;  cose, quanto  a  reddito,  da  ridere.  Ha studiato a Ischia, e poi a Napoli, dove ha preso la licenza normale. Superalo  il concorso, ha  insegnalo  un  poco  in provincia  di Napoli, non  sappiamo  più  in  quale  paese  vesuviano;  e poi  è finito  dove voleva  arrivare, sull’isola  d’Ischia,  e proprio  a  Sant’Angelo. Si è sposato  da  una  ventina  di anni; e sua moglie ricevitrice  postale a Panza, un  altro paesino dell’Isola. Tra tutti  e due mettono insieme circa sessantamila  lire di guadagno mensile;  e con queslo. aiutando la pesca  di cui  lo Iacono è esperto, tirano su cinque  figli tutti  incamminati  agli studi , ma senza  miraggi  di lauree.

La scuola ha una sede modestissima: uno stanzone a terreno, un po’ umido. ma Ia posizione e stupenda. Ha la porta e le fineslre sulla spiaggetta, che serve ai pescatori per alare in secco quelle poche barche;  di modo che mentre ii padre  lavora, d’inverno, alle reti, i  figlioli, a pochi metri da lui siedono  sui  banchi.  L’arredamento  della  scuola  è, di  per  se  slesso,  misero.  I  banchi  per  una trentina di ragazzi, un lavolinuccio per il maestro, e una lavagna. Questo e quanto passa ii comune. Ma da parte sua  il maestro ha portato abbasso, nello stanzone, tulto ciò che egli possedeva e che era interessante ai suoi fini di insegnante. Vi ha portato intanto tutti I suoi libri. Poi vi ha portato la sua raccolta di francobolli. Poi vi ha portato le conchiglie messe insieme da giovane. Poi vi ha portato un erbario.  Poi vi conserva tutto ciò che  può  raccogliere e fare raccogliere, in fatto di libri, di conchiglie, di  erbe,  di  pietruzze,  dai   suoi  scolari.  L’aula   scolastica   è quindi   diventata   una specie di  “museo pedagogico”. Ma è  anche una cappella, perchè sotto Natale lo Iacono vi fa costruire, dagli scolari, il presepio, con figurine di gesso modellate e dipinte da loro, coi giochi d’acqua sludiati da loro. E poi è un laboratorio, perche egli vi fa piccole  esperienze  chimiche.  E poi è un ricreatorio perche  nel  fondo egli ha scavato un palcoscenico, con tanto di telone.  Questo per i ragazzi. Ma poi, in Sant’Angelo, Io Iacono non è soltanto ii maestro  di scuola; è il maestro  in senso assolulo. Egli non insegna soltanto nelle ore di scuola, flssate dal regolamento  comunale; insegna sempre, senza Iimitazione d’orario.

Finite le lezioni propria­mente dette, e fatta colazione, cominciano le ripetizioni, ch’egli dà per  grazia agli  alunni zucconi, per  metterli alla  pari  con gli altri; e di cui egli deve faticare a contenere il numero, perche tutti vorrebbero passare per zucconi, e tornare a scuola. Poi, usciti i ra­gazzi, entrano gli adulti; e la scuola, verso  sera, si trasforma in una sala di lettura in un circolo. E lo Iacono continua, con gli adulti, a fare ciò che ha falto con i loro figlioli: a spiegare, a ragionare, a fare funzionare i cervelli. Gli adulti sono quindi ancora più affezionati alla scuola dei ragazzi. E tra ragazzi e adulti lo Iacono è arrivato a risultati maravigliosi. E’ arrivalo a fare recitare sul paicoscenico dello stanzone ll bugiardo di Goldoni”. Perchè il Bugiardo ? Ma perchè lo Iacono vuole mettersi  al sicuro, e non pagare  diritti  di  autore…

In quella nostra visita, a un certo punto gli dicemmo: “Ma lei è il padrone del paese ?” Egli ci rispose: io sono il padrone del paese, perchè il paese è padrone di me.” Io penso sempre a quello che devo fare per la scuola. Ci penso perfino di notte, mi crede? Di notte, quando non posso dormire, compongo poesie. Ne ho gia fatte stampare un volumetto, anni fa. Ma  intendiamoci: non che io sia poeta, per a mor di Dio! Ma bisogna che io metta insieme  poesie  chiare,  ritmiche, con  la rima, per farle imparare a memoria  ai  ragazzi …

Questa la figura questa la vita quotidiana del nostro amico  Domenico  Iacono,  di  Sant’Angelo  d’Ischia;  al  quale  chiediamo  scusa di averlo  messo,  certo  contro  suo gusto, cosi  in piazza. Ma avevamo bisigno di lui. E ne avevamo bisogno per riconoscere volentieri che piccolo borghesi come lui, chef anno  ciò  che hanno da  fare, e ci credono,  ne  csistono anche  molti  in  Italia; piu di quanti pare. Sissignori. Il nostro amico Iacono  è un po’ un  “caso limite”; ma molti piccoli borghesi italiani hanno qualche somiglianza  con  lui.

…E noi abbiamo oggi voluto pagare  a fronte  alta  il  debito nostro, presentandone ed elogiandone uno, che ci pare, nella sua modeslia,  esemplare.

Nota (1): ci si riferisce al ristorante “il miramare” condotto dalla tedesca Linda Penzel che sposò Mattera Alberto  nel 1936.